fbpx

la Via del VTC – esperienza della tesi: Annabella

LA MIA PRIMA TESI, CHE AVVENTURA!

Iniziai a praticare Viet Tai Chi con la Maestra Anna Campo presso la palestra Thien Mon otto anni fa su indicazione del medico reumatologo. Non ne ero molto convinta ma comunque mi dissi che tanto valeva provare. A distanza di un mese mi resi conto che i miei problemi articolari si erano ridotti. Meno dolori, ero più elastica e anche psicologicamente più serena. Ne fui felice, ma lo fui ancor di più quando la Maestra mi propose a tre mesi dalla fine dell’anno accademico di sostenere l’esame di passaggio. Non era obbligatorio ma lei riteneva potessi farlo, quindi perché no?

Dal quel momento iniziai a vedere la disciplina con un occhio leggermente diverso, più attento ma senza arrivare alla devozione, consapevole che ero un’allieva a tutti gli effetti la quale a fine anno accademico, se ritenuta pronta dalla Maestra, avrei sostenuto un esame. Io l’esame ci tenevo farlo perché pormi un obbiettivo e raggiungerlo è un modo per testare i miei limiti, la mia determinazione, prendermi le mie piccole soddisfazioni. Anno dopo anno feci gli esami di passaggio fino ad arrivare all’esame di quarto anno. Bel traguardo. Cambio cintura, passaggio da allieva ad istruttore. Tanta roba. L’esame, a differenza dei precedenti però prevede la presentazione di una tesi. UNA TESI!? O Mamma!

Già verso la fine del terzo anno in visione dell’esame che previo beneplacito della Maestra avrei sostenuto l’anno successivo, dubbi, incertezze, insicurezze, iniziarono a farsi vive in me. Devo fare una tesi? Devo proprio?

Al di la dell’ignoranza su come deve essere strutturata una tesi, poiché nella mia formazione scolastica conclusasi qualche decennio fa, non era prevista, si aggiungevano altri dubbi quali, dove trovo il tempo? Come tutti, lavoro, casa, famiglia. Devo usare il PC? Altro problema, io sono una analfabeta informatica. Lo so, mi devo adeguare, ma volete mettere il fascino della carta e penna? E per finire, mi mancava un elemento imprescindibile: L’argomento della tesi. Cosa tratto? E su quest’ultimo punto ero confusa, in ansia.

Ne parlai con la Maestra Anna la quale oltre al ruolo di mia Maestra, mentore, avrebbe assunto anche quella importante di relatore ovvero colei che mi avrebbe accompagnato nella realizzazione della tesi consigliandomi, aiutandomi a sbrogliare le matasse, incoraggiandomi, spronandomi, che con calma e pazienza mi diede informazioni utili, cancellò tutti i dubbi o quasi. Mancava “solo” il tema da trattare, ed io… il nulla. Non avevo la più pallida idea di cosa fare. Ma come? Il materiale non manca, eppure niente, non trovavo nulla che mi entusiasmasse.  Dovevo trovare un argomento. Qualcosa di mio. Decisi allora di fare un passo indietro e smettere di cercare, liberarmi dall’ansia. Qualcosa sarebbe accaduto. A settembre con l’inizio del nuovo anno accademico ero ancora senza argomento. Sapevo come deve essere strutturata una tesi, avevo acquisito una certa dimestichezza con il PC e basta. Un giorno la Maestra mi si avvicinò e mi chiese il titolo della tesi e ricevuto per risposta un disperato “…non so cosa fare” iniziò a darmi lei degli spunti, le fui grata, anche se l’idea di fare qualcosa di suggerito non mi piaceva, correvo il rischio di farlo controvoglia, passivamente, ma dovevo decidermi, il tempo trascorreva. Un paio di giorni dopo al lavoro si creò un situazione piuttosto tesa fra colleghi ed io esordii con un fermo e convinto “… basta! Manteniamo la calma dell’elefante bianco” e con mio stupore si abbassarono i toni della discussione forse per il tono autorevole della voce, o forse per la convinzione con cui pronunciai quelle parole. Non lo so, non so perché lo dissi ma fu efficace e soprattutto illuminante.

Nella pratica del VTC affrontiamo diversi animali, ne imitiamo i movimenti ma non per combattere con la gestualità di quell’animale, anche perché siamo morfologicamente diversi, ma per cercare l’ispirazione ad allenarsi a determinate caratteristiche di quell’animale che diventa simbolo, un’idea di una sensazioni da ricercare in noi stessi, acquisendo e facendo proprie quelle doti che poi si rivelano utili nelle varie situazioni della vita, e quell’esordio al lavoro ai miei occhi ne era una conferma. Avevo l’argomento della tesi. Ne parlai alla Maestra senza specificare da dove arrivasse l’ispirazione, sottolineai cosa volessi evidenziare ma anche che non sapevo come muovermi. Lei dall’alto della sua esperienza, approvata l’idea mi propose uno schema d’esecuzione. Gli animali presi in visione non sarebbero stati tutti ma alcuni, quelli più affrontati durante il percorso svolto, una decina.

Mi piaceva. Si raccomandò fossi sintetica ma non essenziale. Si alle foto, alle immagini, agli schemi purché chiari, immediati e non criptici. Potevo partire. Con entusiasmo iniziai.  Avvalendomi del testo in dotazione il Quang Lo, l’individuazione delle tecniche dei vari animali all’interno delle forme risultò piuttosto semplice ed immediato ma ignoravo che la loro descrizione mi avrebbe riservato non poche sorprese. Per poter descrivere nel modo più accurato possibile la tecnica presa in esame, mi ritrovai a doverla focalizzare nella sua totalità e poi analizzarne l’esecuzione, istante per istante, prestando attenzione alla direzione, posizione dei piedi, del busto, delle mani, il carico del peso nella gambe, la respirazione, la direzione dello sguardo. Pensai sorprendendomi, a quante cose facciamo in ogni istante di esecuzione non solo di una tecnica ma di una forma senza rendercene conto. Mi sembrava di essere un tecnico cinematografico, con in mano la pellicola di un film, che analizza ogni singolo fotogramma, individuando, con sorpresa, occasionali sbavature, piccoli errori, strane sfumature, punti di forza. Ma come? Erano tre anni che eseguivo quella tecnica e non avevo mai preso coscienza di quei particolari? Bene, ora lo sapevo, ne avrei fatto tesoro per migliorarmi. Continuai il lavoro non dando nulla per scontato. La Maestra Anna mi scattò le foto che sarebbero servite a coadiuvare le descrizioni delle tecniche da me descritte. Le immagini da inserire nella tesi per sottolineare un capitolo o evidenziare una descrizione, le ricercai on line e le scelsi d’istinto, di pancia. Ricercai nei vari siti informazioni a me utili sulla storia, simbologia orientale dell’animale. Altro lavoro lungo e impegnativo inoltre poteva succedere di trovare informazioni incomplete o che durante ulteriore ricerche venivano interpretate in modo diverso o addirittura smentite obbligandomi a rivolgermi alla Maestra per avere chiarimenti. Nonostante tutto, come tutte le ricerche fu un lavoro stimolante grazie alla quale approfondii e appresi molte cose interessanti. La stesura della tesi non fu un lavoro fluido e costante nel tempo, alcuni giorni mi dedicavo parecchio tempo, altri meno. Poi verso fine gennaio fra lavoro e famiglia la mia vita privata si vivacizzò, rapendomi fisicamente e mentalmente. Non avevo più tempo, saltai anche qualche lezione. Quando ripresi a frequentare costantemente la palestra ero stanca e pensai di mollare tutto. In quell’anno non sarei stata l’unica in palestra a sostenere l’esame di cambio cintura, con me c’era Enrica compagna di viaggio ed allora come oggi carissima amica. Ci allenavamo insieme, ci aiutavamo con la tesi nel senso che se io nelle mie ricerche trovavo qualcosa che poteva essere utile al suo lavoro glielo dicevo, e lei faceva lo stesso con me. Ci compensavamo caratterialmente e ci sostenevamo. L’idea di abbandonarla obbligandola a fare l’esame da sola mi faceva sentire in colpa ma stavo peggio pensando all’esame. La data di consegna della tesi non era lontanissima ed io ero ancora in alto mare. Ne parlai con la Maestra la quale come solo lei sa fare, mi dissuase dal mollare e mi trasmise fiducia. Ripresi il lavoro. Arrivai alla fine, ultimo capitolo la parte personale. Affrontai la cosa con un forte coinvolgimento emotivo. Mi riscoprii. Confrontandomi con le caratteristiche di alcuni animali analizzati presi atto di qualità, caratteristiche che non credevo di avere, altri animali mi erano indifferenti o non mi riconoscevo, con altri ancora emersero difetti che non volevo ammettere di avere o che so di avere. Freud non avrebbe potuto fare di meglio. E con quest’ultimo capitolo avevo praticamente finito. Ancora pochi dettagli. Consegnai il lavoro svolto alla mia relatrice sperando non ci fossero problemi. Quando lei dopo una scrupolosa analisi del lavoro svolto mi disse “Bene, andiamo in stampa” ne fui felice. Avevo finito.

La Maestra Anna spesso ci dice che la tesi è un’occasione.

Siamo tutti d’accordo che prepararla non è semplice, per nessuno. Le difficoltà nascono da innumerevoli cause soggettive: Lavoro, famiglia, non è facile incastrare tutto, il proprio bagaglio culturale, c’è poi chi è poco incline alla scrittura…Fare la tesi non è semplice, ma neanche impossibile. Nell’apprendere che per sostenere l’esame di passaggio dovevo preparare una tesi ho reagito male. Ho percepito la cosa come una punizione divina per un reato commesso chissà quando o in quale vita. Ma già durante la realizzazione della mia tesi ho lentamente iniziato a ricredermi. E stata un continua successione di piccoli o grandi sorprese. Scoperta di punti da migliorare, angoli da smussare, punti forza da coltivare, particolari che consideravo scontati ma non lo erano affatto, altri che guardavo ma non vedevo che provavo ma non sentivo. E’ stata un’esperienza “vivace”, ma ricca, formativa, migliorante. Ad oggi sono più propensa a vedere la tesi come un benefico obbligo a migliorarsi. Certo è un obbligo, l’obbligo di fermarsi, prendere un elemento della nostra disciplina che più ci affascina, ci attrae e che magari, sequestrati dalla nostra quotidianità, nonostante i buoni propositi non riusciamo mai ad approfondire, ed iniziare a studiarlo, scomporlo, ricomporlo, analizzarlo sotto luci diverse, perché no? criticarlo, compararlo, migliorarlo, farlo proprio. Qualunque sia l’argomento della tesi, le metodiche usate per affrontarla, il linguaggio usato verbale o grafico, tutti ne usciamo più ricchi sia sotto l’aspetto fisico, mentale, culturale. La discussione della tesi ufficialmente è la dimostrazione al nostro esaminatore il Gran Maestro che siamo cresciuti, maturati, siamo evoluti, ma in realtà la tesi altro non è che un sudato, meritatissimo regalo a noi stessi.

                                                                                                                          Annabella

                                                                                                                          Istruttrice II Dan

Articolo creato 110

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto